Di solito nelle favole si inizia con “c’era una volta”, questa però non è una favola ma una storia reale che oltretutto non prevede di tornare indietro di generazioni andando a scomodare nonni, bisnonni e quant’altro, questa è la storia che parla di come è nata in me la passione per il caffè. Francamente non sono nato appassionato di caffè ma ci sono diventato nel tempo, anzi a dirla tutta fino ad una decina di anni fa neppure lo prendevo, mi chiedevo come facessero gli altri a bere una “cosa” così amara e per lo più che rilasciava anche un certo sentore di bruciato tanto da doverla nascondere con due cucchiaini colmi di zucchero. Tutto questo ha il suo perché, infatti lo stereotipo dei caffè che venivano serviti allora era questo, stereotipo che in buona parte persiste tuttora; infatti l’essermi imbattuto per la prima volta in un caffè che non aveva la necessità di aggiungere zucchero per dare piacevolezza al palato mi ha aperto un mondo, mi sono detto “questo è il caffè che mi piace, allora è possibile avere un caffè così”. Da li ha avuto inizio il mio percorso di studio e conoscenza sul caffè, le differenze fra la pianta di “robusta” e quella di “arabica”, la provenienza geografica che ne marchia le caratteristiche, l’altitudine e il microclima che ne determinano la particolarità, la raccolta e la lavorazione che ne garantiscono la qualità ed infine la tostatura che deve esaltare il tutto per poter rendere possibile un’estrazione che porti al massimo la piacevolezza al palato. “Il piacere del tuo primo caffè di giornata dovrà accompagnarti fino al secondo” In questa frase è racchiusa la mia filosofia sul caffè.​